Intervista a Jorge Calbucura, responsabile delle comunità Mapuche in Europa. "I Mapuche registrano i più alti indici di mortalità infantile, di disoccupazione e di analfabetismo. La speranza di vita è di dieci anni inferiore al resto dei cileni." Una mancanza di volontà che potrebbe costare caro al prestigio internazionale del Cile. "Oltre alla condanna delle Nazioni Unite, il governo cileno deve affrontare ora anche il monito della Comunità europea che, nel caso vengano disattese le proprie petizioni, potrebbe chiedere la revisione degli accordi commerciali firmati sinora con il Cile." PeaceReporter (23/09/04) è un giornale on line e un'agenzia di servizi editoriali che ha come scopo quello di diffondere una cultura di pace e di rispetto dei diritti umani. (2004-9-19)

 
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Ai margini del mondo

23/09 storie e reportage, CILE: Intervista a Jorge Calbucura, responsabile delle comunità Mapuche in Europa. "I Mapuche registrano i più alti indici di mortalità infantile, di disoccupazione e di analfabetismo. La speranza di vita è di dieci anni inferiore al resto dei cileni."

23 settembre 2004 - Jorge Calbucura parla senza mezzi termini in difesa di una causa che ritiene fondamentale, quella dei diritti del popolo Mapuche. Lo fa soprattutto ora che una sentenza del tribunale di Angol, nel sud del Cile, ha condannato undici dirigenti delle comunità indigene a dieci anni di carcere ritenendoli responsabili di aver appiccato un incendio a una proprietà forestale privata, la Poluco Pidenco. Per loro è scattata la legge anti terrorismo voluta da Pinochet ed ancora in vigore, nonostante la democrazia cilena sia prossima a compiere quindici anni. In questa maniera, un atto di vandalismo è stato trasformato in azione terrorista, richiamando sul Cile i severi moniti delle organizzazioni internazionali che vigilano sul rispetto dei diritti umani. Calbucura, che insegna sociologia all’Università di Uppsala in Svezia, è il responsabile delle comunità Mapuche in Europa attraverso l’organizzazione che dirige, Ñuque Mapu. “Il caso Poluco Pidenco” dichiara “evidenzia come lo Stato cileno sia succube degli interessi delle imprese transnazionali. Il carcere, la persecuzione e la repressione attuata contro i dirigenti mapuche sono meccanismi del governo per intimidire le comunità indigene”.

Il conflitto tra Stato cileno e indigeni Mapuche viene da lontano. È lo stesso Calbucura a spiegarcelo: “Il conflitto è cominciato nel 1883, quando il Cile occupò militarmente il territorio mapuche e confinò i sopravvissuti della guerra in riserve, usando lo stesso sistema applicato negli Usa ai nativi. Da allora i mapuche sono stati trattati come prigionieri di guerra, privati di ogni diritto e della possibilità di qualsiasi sviluppo materiale. Nella successione di misure anti-indigene applicate dallo Stato cileno risaltano quelle della dittatura militare di Pinochet. Il regime militare abolì il sistema di proprietà comunitaria dei mapuche, contravvenendo così alla natura ed al sistema di vita stesso degli indigeni”.

Com’è la situazione attuale dei Mapuche?

“La situazione sociale è drammatica. In Cile ci sono un milione e mezzo di Mapuche, un quarto dei quali vivono in riserve sovrappopolate ed il resto nelle periferie delle grandi città. Quelli che risiedono nelle riserve non dispongono di terra sufficiente per la sopravvivenza: si è calcolato che la grande maggioranza vive con un dollaro al giorno, ossia in estrema povertà”.

Calbucura continua elencando i numeri di una popolazione che vive costretta ai margini. Analfabetismo, disoccupazione, mancanza di servizi, isolamento fanno parte della realtà quotidiana.

“A 14 anni dal ritorno della democrazia nulla è cambiato. I mapuche registrano i più alti indici di mortalità infantile, di disoccupazione e di analfabetismo. La speranza di vita è di dieci anni inferiore al resto dei cileni. La discriminazione razziale e l’intolleranza sono delle realtà di tutti i giorni e l’usurpazione delle terre mapuche da parte dello Stato e di privati prosegue senza una soluzione. Lo Stato cileno sta promuovendo diversi progetti di infrastrutture nelle regioni mapuche che attentano direttamente alle condizioni di vita dei residenti. La costruzione di centrali idroelettriche, di discariche e di strade, la concessione dei diritti di deforestazione su luoghi sacri illustrano quanto sia critica la situazione del popolo mapuche in Cile”.
 

Il governo cileno, però, assicura che nel paese c’è un rispetto totale per la cultura indigena. È vero?

“L’opinione dell’unico deputato di origine mapuche e sgretario nazionale della Democrazia Cristiana, Francisco Huenchumilla, descrive perfettamente la situazione attuale. Ha dichiarato alla stampa che “il Cile è un paese razzista, la cui classe dirigente ignora completamente la profondità del conflitto mapuche perché non conosce la storia e la drammatica realtà che si nascondono dietro le attuali richieste di questo popolo”.

I Mapuche chiedono che il Cile si allinei alle disposizioni delle Nazioni Unite, firmando il protocollo 169 sui popoli indigeni, che invita gli Stati a riconoscere e agevolare i processi di autogoverno, e a vigilare sui diritti delle comunità autoctone.

“In Cile, invece solo due anni fa la Commissione del Senato rifiutò di riconoscere i popoli indigeni nella Costituzione politica”.
 

La lista delle rivendicazioni mapuche non è lunga, ma tocca temi e privilegi che il governo cileno non è disposto a discutere. Oltre al diritto all’autodeterminazione, si chiede la creazione di un Parlamento autonomo per la regione indigena, la ratifica da parte del Cile dei trattati internazionali sui diritti indigeni, una riforma giudiziaria, l´applicazione delle pari opportunità ed il ritiro delle imprese forestali dalle terre originalmente mapuche. Quali sono le possibilità di giungere ad una soluzione negoziata?

“Ci sono stati dei miglioramenti perché la negoziazione è l’alternativa su cui hanno scommesso la maggior parte delle organizzazioni rappresentative dei popoli indigeni. Ciò nonostante, è palese l’assenza di una volontà politica da parte dello Stato, dei vertici politici, militari e religiosi cileni”.

Una mancanza di volontà che potrebbe costare caro al prestigio internazionale del Cile. Oltre alla condanna delle Nazioni Unite, il governo cileno deve affrontare ora anche il monito della Comunità europea che, nel caso vengano disattese le proprie petizioni, potrebbe chiedere la revisione degli accordi commerciali firmati sinora con il Cile.

Maurizio Campisi

 
 


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