Il 22 marzo il Tribunale di Cañete, nel sud del Cile –regione di Bio Bio-, ha dichiarato colpevoli quattro Mapuche del reato di tentato omicidio nei confronti del pubblico ministero Mario Elgueta. I fatti risalgono all’ottobre 2008, quando l’avvocato subí un’aggressione da parte di un gruppo di comuneros mapuche. Il processo, intentato contro diciassette persone, si é risolto ancora una volta per mezzo dell’applicazione della Legge Antiterrorismo, reminiscenza della dittatura di Pinochet, che permette di giudicare gli accusati attraverso le deposizioni di testimoni anonimi e di applicare la prigione preventiva indefinita.

Il leader del gruppo, Héctor Llaitul, ha ricevuto 25 anni di carcere, mentre altri tre comuneros dovranno scontare venti anni di prigione. L’uso della Legge Antiterrorismo solo per applicarla nella repressione dei movimenti di emancipazione del popolo Mapuche é in netto contrasto da quanto indicato dal Consiglio per i Diritti umani della Onu. All’indomani della sentenza, i quattro hanno iniziato uno sciopero della fame, misura con la quale chiedono l’annullamento di un processo viziato nel suo sviluppo e nella forma con la quale é stato istruito.
Sulla legge Antiterrorismo, usata per reprimere le istanze Mapuche, e sulle prospettive delle revindicazioni del popolo autoctono cileno abbiamo conversato con Jorge Calbucura, principale referente Mapuche in Europa. Coordinatore del Centro di documentazione Ñuke Mapu (www.mapuche.info), Calbucura é tra i principali studiosi della cultura e del popolo Mapuche (al quale appartiene) ed insegna alla Mid Sweden University.
Nel processo di Cañete lo Stato cileno é tornato ad avvalersi della Legge antiterrorismo per giudicare imputati Mapuche. Per quale ragione si continua a ricorrere a questo strumento legale?
La ragione per cui si applica questa legge contro gli attivisti Mapuche é politica. Non esiste nessun precedente che giustifichi l’esistenza di organizzazioni sovversive o terroriste in Cile. É per questo che gran parte del Sistema internazionale per i Diritti umani esige l’abrogazione di questa legge, tra cui spicca la Commissione etica contro la Tortura, che ha discusso la repressione contro i Mapuche nell’ambito del Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale nell’agosto 2009. Il Consiglio per i Diritti Umani della Onu, in vari rapporti speciali, ha raccomandato che non si usi la Legge antiterrorismo nei casi di attivitá e manifestazioni di protesta e rivendicazione del popolo Mapuche. Queste raccomandazioni sostengono che l’applicazione della legge non garantisce il processo imparziale e apporta precedenti nei casi che questi diritti vengano violentati. La legge prevede l’uso di testimoni anonimi, la prigione preventiva indefinita e il doppio processo –civile e militare- agli accusati.
Di fronte alla comunitá internazionale, un paese come il Cile che si dichiara maturo per entrare nel primo mondo, l’uso di una legge speciale contro la popolazione indigena appare piuttosto come un mezzo da Terzo mondo, visto che implica la repressione e la violazione ai diritti umani. Esiste l´intenzione di presentare una riforma o non succederá nulla?
La disposizione mentale di fronte al ¨terrorismo¨ in Cile é la stessa che nel resto del mondo occidentale; pertanto non esiste una volontá politica per introdurre una riforma a questa legge. Durante il governo della presidente Bachelet, si prese la decisione di non applicarla ai delitti imputati agli attivisti Mapuche. In seguito, lo sciopero della fame del 12 luglio 2010 di trentuno comuneros Mapuche pretese il diritto a processi giusti, alla applicazione di una giustizia obiettiva ed imparziale e la abrogazione della Legge antiterrorismo. Nessuna di queste richieste venne presa in considerazione. Per introdurre riforme a questa legge bisogna contare con la maggioranza assoluta nelle rispettive camere legislative, che equivale ad una riforma della Costituzione politica, ereditata dalla dittatura di Pinochet. Oggi, non esiste consenso. La destra ha ereditato il lascito di Pinochet, é forte elettoralmente e la possibilitá di giungere ad un accordo é molto improbabile. Il risultato dello sciopero della fame del 12 luglio 2010 é stata la promessa politica di non sottoporre i Mapuche accusati ad un doppio processo; ossia che i loro casi fossero materia solo di un processo civile.
Ció nonostante, il Ministero pubblico cileno é un organismo autonomo e determinó che la disposizione era incostituzionale. Questo significa che in futuro, si applicherá la Legge Antiterrorismo contro gli attivisti ed i rappresentanti politici della nazione Mapuche.
A cosa si deve che nemmeno una presidente progressista come la Bachelet abbia potuto fare qualcosa per la revisione di questa legge?
Come si sa, la dittatura di Pinochet ha facilitato il cammino per rendere effettivo l’esperimento neoliberale il quale, in línea di massima, si considera di successo. A livello mondiale il progetto cileno é ammirato e non ha molti detrattori, né a sinistra, né a destra.
Questo esperimento ha avuto il suo effetto all’interno dell’ideologia di sinistra e come tale ha cementato la piattaforma della corrente sociale liberale in quella che fu la sinistra anticapitalista. É il caso del Partito socialista cileno (che detiene il record di essere il primo partito politico anti-imperialista in America Latina negli anni Sessanta ed il primo partito social liberale negli Ottanta), partito nel quale milita l’ex presidente Bachelet. In questo caso, sia la formazione che la piattaforma politica della Bachelet sono social liberali, denominazione che nel contesto intellettuale e politico latinoamericano si puó classificare come neo-liberale.
Forse lo Stato cileno teme i Mapuche o ci sono altre ragioni?
Affermare che lo Stato cileno teme i Mapuche é un poco esagerato. I pochi sondaggi sull’opinione pubblica che si sono fatti su questo tema hanno dimostrato che esiste una chiara simpatia alle rivendicazioni storiche dei Mapuche.
Piuttosto esiste una irritazione da parte dell’elite politica ed economica verso l’agenda politica Mapuche. L’irritazione ed il malessere si devono all’interruzione del buon corso degli affari e al fatto che la mobilitazione dei Mapuche ha riportato alla luce un’agenda anticapitalista, democratica verso il rispetto della cultura ed il diritto di essere differenti. Ossia, un’agenda diametralmente opposta ai postulati del neoliberalismo della destra e del social liberalismo della sinistra.
Il problema principale che si percepisce in Cile é che il riconoscimento del rispetto dei diritti dei popoli indigeni implica il cambiamento del corso neoliberale che é penetrato a fondo negli ambiti della societá cilena. Si tratta di un contrattempo di grande peso nell’ambito legale, sociale, economico ed intellettuale del Paese.
In questo momento esiste una volontá politica per il riconoscimento dei diritti indigeni?
Nel corso di questo periodo post-dittatura non é mai esistita una volontá politica per il riconoscimento dei popoli indigeni del Cile. La destra dura e blanda nella sua nozione geopolitica della vita e del mondo vede un enorme pericolo di secessione. Questo si deduce dall’idea che se lo Stato cileno ratifica il Convegno 169 dell’Organizzazione mondiale del lavoro sui popoli indigeni e tribali del 1989 si troverebbe in seri problemi. Il grande timore é la introduzione dei concetti di ¨popolo¨ e di ¨diritti territoriali¨ nella Costituzione politica cilena. Secondo i giuristi di destra questo abilita gli indigeni a reclamare la divisione giurisdizionale del Cile. La sinistra dura e blanda cilena, dal canto suo, non é intellettualmente atta ad attendere ed intendere questo problema; non figura nella sua agenda politica. Da qui che la sinistra oggi non é piú un’alleata del movimento indigeno in nessuna parte del pianeta. Il tema etnico, i diritti ancestrali, il sistema di proprietá collettiva, l’interculturalismo e la possibilitá di riconoscere uno Stato plurinazionale sono temi troppo complicati per la nozione di democrazia e ¨sviluppo¨ che intende la sinistra.
Dove va il movimento Mapuche?
L’agenda di rivendicazioni mapuche é parte dell’agenda globale dei popoli indigeni. Consiste in due richieste: da un lato la richiesta storica, che consiste nel riconoscimento dei crimini e l’usurpazione contro le nostre nazioni, che porta alla necessitá di applicare una qualche forma di giustizia e quindi il pagamento di un indennizzo. L’asse contemporaneo di questa richiesta storica consiste nell’assumere politicamente ed intellettualmente che c´é un presente perché c’é stato un passato. Questo comporta la comprensione della democratizzazione dello Stato nazionale introducendo il riconoscimento costituzionale dei popoli indigeni; ed in secondo luogo si impone la necessitá di dare forma all’autonomia dei territori indigeni e per ultimo la creazione di un organismo di deliberazione proprio, ossia un parlamento indigeno.
Con quali mezzi i Mapuche continueranno la loro lotta?
La storia della resistenza dei popoli indigeni é antica quanto la storia dell’incontro con la civiltá occidentale. Questa storia di resistenza é in primo luogo mentale, di non piegarsi di fronte al conquistador ed invasore. In questo ci hanno mostrato il cammino i nostri avi, che ci hanno dato la forza per mantenere alta la nostra dignitá. Questo é l’unico e piú importante mezzo. Tutto il resto é parte delle circostanze sociali, politiche ed economiche del momento. Al rispetto, la strategia di resistenza dei popoli indigeni si é dimostrata efficiente e soprattutto adeguata alle circostanze imposte. Oggi l’agenda indigena di revindicazioni é unica e globale.
Ci sono molti interessi attorno alle terre Mapuche. Come affrontate il tema della proprietá privata?
É come dicevo prima. Il tema dei diritti territoriali enunciato nel Convengo 169 dell’Organizzazione internazionale del Lavoro sui popoli indigeni e tribali del 1989 e nella Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite -in particolare sul diritto all’autonomia- é un concetto chiave per regolare la relazione tra i popoli indigeni, Stato nazionale ed imprese transnazionali. É chiaro che l’esistenza di risorse naturali nei territori indigeni comporta la necessitá di specificare le regole del gioco a livello globale. Questo per il fatto che lo Stato nazionale puó fare poco o nulla di fronte al potere delle multinazionali.
Possiamo quindi parlare di discriminazione nei confronti del popolo Mapuche?
In termini di precedenti, vale solo considerare che dalla sua creazione la legge Antiterrorismo é stata applicata solo contro membri della nazione Mapuche. Nessun cileno é stato condannato da questa legge.
L’applicazione della legge Antiterrorismo é una violazione ai diritti umani dei cittadini che esercitano il diritto alla protesta, demandano il diritto alla proprietá sulle loro terre ancestrali, esigono il rispetto alla loro forma di vita e alla loro identitá culturale. In questo momento ci sono 37 dirigenti politici mapuche che sono in prigione in distinte carceri del sud del Cile. Di questi 28 sono stati processati o condannati in base alla Legge antiterrorismo. In totale ci sono 60 comuneros in prigione o in libertá condizionale o con misure cautelari. Tre mapuche hanno dovuto chiedere asilo politico in Argentina e Svizzera e cinque sono morti in conseguenza degli spari e alla tortura della polizia cilena.
Che sviluppo ci si puó aspettare per i quattro comuneros condannati a Cañete?
Il 22 marzo 2011 é stata dettata la sentenza del tribunale di Cañete. I quattro comuneros sono stati dichiarati colpevoli di tentato omicidio del pubblico ministero Mario Elgueta nell’ottobre 2008 e per tentato furto. Héctor Llaitul ha ricevuto 25 anni di carcere, Ramón Llanquileo, Jonathan Huillical e José Huenuche hanno preso in totale venti anni. Da una settimana hanno iniziato uno sciopero della fame. Non c’é altro da dire: la lotta continua. In questo tipo di circostanze gridiamo con la forza dell’anima: Mari chi weu (vinceremo dieci volte di piú!).

Texto original de la entrevista en español
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Autore Maurizio Campisi
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